Sermoni Mariani

ANNUNCIAZIONE (II) DELLA BEATA VERGINE MARIA

1. In quel tempo: "L'angelo Gabriele fu mandato da Dio... " (Lc 1,26).
    In questo brano evangelico consideriamo tre momenti: - l'invio di Gabriele alla Vergine, - l'annuncio del concepimento del Signore, - l'intervento dello Spirito Santo.

2. "Fu inviato l'angelo Gabriele". Gabriele s'interpreta "Dio, mio conforto", e a questo proposito leggiamo in Isaia: "Dite agli smarriti di cuore: Coraggio, non temete! ecco, Dio stesso verrà e vi salverà" (Is 35,4). Siamo soliti confortare, soprattutto, tre categorie di persone: il malato, l'afflitto, il pauroso.
    Il genere umano si trovava in tutte e tre queste situazioni: era malato da oltre cinquemila anni e non trovava alcun rimedio; era afflitto perché privato delle delizie del paradiso terrestre; viveva nella paura del diavolo, che con una mano lo colpiva e con l'altra lo trascinava all'inferno. Ma grazie a Dio, fu mandato finalmente il conforto che risanò il malato, consolò l'afflitto, rese intrepido il pauroso. Fu inviato dunque l'angelo Gabriele, il fausto messaggero da una lontana terra, fresca acqua all'anima assetata. Ecco il ristoro all'anima assetata, ormai allo stremo per l'arsura e che sta venendo meno per il languore: fresca acqua, acqua della sapienza che porta la salvezza.
    E dove viene mandato? "In una città della Galilea" (Lc 1,26). Galilea si interpreta "ruota", e anche "emigrazione". Chi si trova in difficoltà per queste due cose, ha bisogno di conforto. La ruota si chiama così perché rotola, (lat. ruit) corre. Il genere umano correva di peccato in peccato e alla fine emigrava nell'inferno. Dice Geremia: "Giuda è emigrato per la miseria e la dura schiavitù; ha dimorato tra le genti (i pagani) senza trovare riposo; tutti i suoi persecutori l'hanno raggiunto tra le angosce" (Lam 1,3). Dalla schiavitù del peccato avveniva il passaggio alla dannazione dell'inferno. In così grande angoscia era veramente necessario il conforto, che rivolgesse verso la vita quella ruota che correva alla morte, e così avvenisse il passaggio alla gloria. "Vi precederà - dice il vangelo - in Galilea: lì lo vedrete" (Mt 28,7). "La città si chiamava Nazaret" (Lc 1,26), che vuol dire "fiore", oppure anche "unzione", ossia "consacrazione", perché lì c'era il fiore della verginità, l'unzione della grazia settiforme [per i sette doni dello Spirito], lì la consacrazione della Vergine gloriosa.
3. L'angelo è inviato "a una Vergine" (Lc 1,27). Un riferimento a questo lo troviamo nella Genesi: "Rebecca era una splendida fanciulla, era vergine, bellissima, e nessun uomo le si era unito" (Gn 24,15-16). Rebecca, nome che significa "molto ha ricevuto", è la beata Vergine Maria, che veramente ha ricevuto molto, perché ha concepito il Figlio di Dio. E della bellezza della Madre, il Figlio stesso dice: "Tu sei bella, amica mia, soave e leggiadra come Gerusalemme" (Ct 6,3). Bella per l'umiltà, amica per la carità, soave per la contemplazione, leggiadra per la verginità, come la Gerusalemme celeste, dove abita Dio: e la Vergine è la sua abitazione. "Chi mi ha creata - è detto - riposò nella mia tenda" (Eccli 24,12), cioè nel mio grembo."La vergine era promessa sposa ad un uomo di nome Giuseppe" (Lc 1,27). Ecco il commento di san Beda: "Volle nascere [il Figlio di Dio] da una donna sposata, affinché per mezzo di Giuseppe fosse conosciuta la sua genealogia, e anche perché non venisse lapidata come adultera, e perché la fanciulla avesse il sostegno di un uomo che fosse anche il testimone della sua integrità, e infine perché il diavolo non potesse scoprire il mistero". L'antico Giuseppe, figlio di Giacobbe, fu salvatore, perché salvò dalla fame l'Egitto. Questo Giuseppe salvò la beata Vergine dal disonore. Il Signore preferì che qualcuno dubitasse della sua origine, piuttosto che dell'illibatezza della Madre. Sapeva infatti che la riputazione, in fatto buoni costumi, è molto facile a perdersi."Era della casa di Davide" (Lc 1,27). Questo va riferito non soltanto a Giuseppe ma anche alla Vergine: ambedue erano discendenti di Davide. C'era il comando di Dio: "Tutti gli uomini sposeranno donne della loro tribù e della loro parentela; e tutte le donne sposeranno uomini della stessa tribù" (Nm 36,7-8)."E il nome della vergine era Maria" (Lc 1,27). Nome dolce, nome delizioso, nome che conforta il peccatore, nome che infonde la beata speranza. Chi è Maria se non la stella del mare, cioè la via luminosa che guida al porto coloro che sono ancora in balìa dei flutti dell'amarezza? Nome amato dagli angeli, terribile per i demoni, salutare per i peccatori, soave per i giusti.
4. "E l'angelo entrò da lei" (Lc 1,28). Colei alla quale l'angelo entrò, era nell'interno, era occupata nella lettura o nella contemplazione, era sola, e custodiva la sua solitudine. Dice Osea in proposito: "La condurrò in un luogo solitario e parlerò al suo cuore" (Os 2,14)."Le disse: Ave!" (Lc 1,28), cioè senza "guai!" (a privativo, vae!, guai), senza il triplice "guai!" dell'Apocalisse: "Guai, guai, guai agli abitanti della terra!" (Ap 8,13). Maria infatti fu immune dalla concupiscenza della carne, dalla concupiscenza degli occhi e dalla superbia della vita (cf. 1Gv 2,16), perché fu casta, fu povera e fu umile."Piena di grazia" (Lc 1,28) perché, prima fra tutte le donne, offrì a Dio il dono sublime della verginità, e perciò fu degna di godere della visione dell'angelo e del suo colloquio, e diede al mondo l'autore di tutta la grazia. "Piena di grazia", perché "il profumo dei tuoi unguenti supera tutti gli aromi. Un favo stillante sono le tue labbra" (Ct 4,10-11), sulle quali è diffusa la grazia (cf. Sal 44,3)."Il Signore è con te" (Lc 1,28): Egli per il tuo amore alla castità, cosa assolutamente nuova, ti ha innalzata alla sublimità del cielo, e poi, per mezzo della natura umana da lui assunta, ti ha consacrata con la pienezza della divinità. "Il Signore è con te". "Un grappolo di uve di Cipro è per me il mio diletto" (Ct 1,13), e quindi piena del vino della grazia."Benedetta tu fra le donne" (Lc 1,28). Concordano le parole che leggiamo nel libro dei Giudici: "Benedetta fra le donne Giaele", - nome che si interpreta "colei che aspetta Dio" - "sia benedetta fra le donne della tenda" (Gdc 5,24). Veramente benedetta colei che aspettò colui che è la benedizione di tutti, e aspettando lo accolse. Veramente benedetta colei che non fu né sterile, né violata; feconda senza rossore, gravida senza gravezza, puerpera senza dolore; colei che, unica tra tutte le donne, fu vergine e madre, e generò Dio.
5. "Sentendo quelle parole ella rimase turbata" (Lc 1,29). Leggiamo nel vangelo di Giovanni: "Un angelo di tanto in tanto scendeva nella piscina e l'acqua si agitava" (Gv 5,4). L'agitazione dell'acqua raffigura il turbamento di Maria alla visione dell'angelo e al suo insolito saluto."Si domandava che senso avesse un tale saluto" (Lc 1,29). Maria è turbata per pudore, e nella sua prudenza si meraviglia a quella inusitata formula di benedizione. "Chi si fida con troppa facilità è di animo leggero" (Eccli 19,4). È meravigliosa questa unione di pudore e di prudenza, affinché il pudore non risulti affettato e la prudenza esagerata.
    Ma l'angelo disse: "Non temere, Maria!" (Lc 1,30). Come uno che ha familiarità con lei, la chiama per nome. Le ordina di non temere, "perché hai trovato grazia presso Dio" (Lc 1,30). Leggiamo nel libro di Ester: "Quando il Re Assuero vide la regina Ester in piedi davanti a lui, piacque ella ai suoi occhi e stese verso di lei, in segno di clemenza, lo scettro d'oro che teneva in mano. Ed ella, avanzando, baciò la sommità dello scettro" (Est 5,2).
    Assuero, nome che significa "beatitudine", raffigura Dio, beatitudine degli angeli, ai cui occhi piacque la nostra Regina Ester, nome che vuol dire "preparata nel tempo", cioè per il tempo della nostra salvezza. Lo scettro d'oro è la grazia celeste che Dio infuse in lei, quando la riempì di grazia più di tutte le altre donne; e lei, che di sì grande grazia non fu certo ingrata, si avvicinò con l'umiltà, e baciò con la carità.
6. "Ecco concepirai e partorirai un figlio" (Lc 1,31). Dice il beato Bernardo: "I miracoli sono due, ma sono tra loro mirabilmente congiunti: Dio che diventa Figlio, la Vergine che diventa Madre. A Madre Vergine non convenne altro Figlio; a Dio Figlio non convenne altro parto". Osserva poi che Cristo è concepito a Nazaret, nasce a Betlemme, viene crocifisso a Gerusalemme, in un luogo piuttosto alto. Cristo dunque è concepito nell'umiltà, nasce nella carità, che è la casa del pane, viene crocifisso in elevazione.
7. "E lo chiamerai Gesù" (Lc 1,31). Fa' attenzione a questo fatto: di cinque personaggi si legge nella Scrittura che sono stati chiamati per nome da Dio, ancora prima di essere concepiti nel grembo materno. Il primo fu Isacco: "Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco" (Gn 17,19). Il secondo fu Sansone: "Disse l'angelo alla moglie di Manoach: Concepirai e partorirai un figlio... egli sarà Nazireo di Dio" (Gdc 13,3-5). Il terzo fu Giosia: "Ecco, nascerà un figlio nella casa di Davide, di nome Giosia" (3Re 13,2). Il quarto e il quinto furono Giovanni Battista e Gesù Cristo. In questi cinque "personaggi" sono indicate le cinque categorie degli eletti.
    In Isacco, che vuol dire "sorriso", sono indicati i caritatevoli, che hanno sempre il sorriso nell'animo. Leggiamo infatti in Giobbe: "Se sorridevo loro, non osavano crederlo, e la luce del mio volto non cadeva per terra" (Gb 29,24). Il volto dell'anima è la ragione, la cui luce è la grazia. Di essa è detto: "È segnata sopra di noi la luce del tuo volto, Signore" (Sal 4,7). Il caritatevole serve con il sorriso della devozione, e i detrattori non gli credono, anzi lo calunniano; ma non per questo la sua luce deve "cadere in terra"; al contrario continua ad operare nella luce della ragione e nel gaudio della mente.
    Così in Sansone, nome che significa "il loro sole", sono indicati i predicatori della parola di Dio: essi, con la parola e con l'esempio, devono essere il sole per coloro ai quali predicano. "Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,14), è detto nel vangelo. Il sole è la fonte del calore e della luce; il calore e la luce sono la vita e la dottrina, le quali, a guisa di fiumi sgorgano, come da fonte, da coloro che predicano, per arrivare a quelli che ascoltano. La vita deve essere fervida, la dottrina luminosa.
    In Giosia, che significa "dov'è l'incenso" o anche "dov'è il sacrificio", sono indicati i veri religiosi, nei quali c'è l'incenso della preghiera devota e il sacrificio della mortificazione corporale. Essi dicono: "Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato: tale sia oggi il nostro sacrificio, perché sia gradito al tuo cospetto" (Dn 3,39-40).
    Nel Battista sono designati tutti i penitenti e i buoni laici, che si purificano e si santificano nel Giordano, cioè nel fiume del giudizio, vale a dire nelle lacrime e nella confessione, nell'elargire elemosine e nel compiere le altre opere di misericordia.
    In fine, in Gesù Salvatore sono raffigurati i degni prelati della chiesa, dei quali il profeta Abdia dice: "Saliranno vittoriosi sul monte Sion, per giudicare il monte di Esaù, e il regno sarà del Signore" (Abd 1,21). Il monte di Sion è l'elevatezza della vita santa, alla quale devono salire i prelati: solo così potranno giudicare, o anche condannare il monte di Esaù, vale a dire la superbia dei carnali, e così in se stessi e di se stessi faranno al Signore un regno. Amen.
8. Domanda Maria: "Come può avvenire questo, dato che io non conosco uomo?" (Lc 1,34). È chiaro che colei che domanda come avverrà una cosa, crede che quella cosa sarà fatta. Domanda come potrà avvenire ciò, dato che aveva promesso di non conoscere uomo, a meno che Dio non avesse disposto diversamente. E commenta Ambrogio: "Quando Sara sorrise alla promessa di Dio e quando Maria disse: Come potrà avvenire questo?, perché non sono ambedue diventate mute, come avvenne a Zaccaria? Ma Sara e Maria non dubitano che avvenga ciò che viene promesso: domandano solo come avverrà. Zaccaria invece nega di sapere, nega di credere, e domanda qualche altro segno che aumenti la sua fede. E quindi riceve il segno del silenzio, perché i segni sono dati non ai fedeli ma agli infedeli."E rispondendo l'angelo disse: Lo Spirito Santo scenderà su di te" (Lc 1,35). Giacché prima aveva detto "piena di grazia", e qui dice "scenderà", dà a capire che come da un vaso già pieno, se vi si aggiunge qualcosa, ciò che vi è aggiunto trabocca, così alcune gocce della sua grazia sarebbero traboccate su di noi. Lo Spirito Santo, discendendo sulla Vergine e nella sua anima, la rese inaccessibile ad ogni bruttura di vizio, perché fosse degna del parto celeste, e con la sua azione, dalla carne della Vergine, creò nel suo grembo il corpo del Redentore."Su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Lc 1,35). In queste parole sono indicate le due nature del Salvatore, perché l'ombra è prodotta dalla luce e da un corpo che vi si frappone. La Vergine non poteva contenere la pienezza della divinità: ma la potenza dell'Altissimo la coprì della sua ombra, quando l'incorporea luce della divinità assunse in lei il corpo dell'umanità e così fosse in grado di "portare" Dio."Colui che nascerà da te sarà dunque santo, e sarà chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). Gesù nasce santo: colui che dovrà vincere la condizione della natura corrotta non è concepito da unione o congiungimento carnale. Noi, soggetti alla condizione della natura corrotta, possiamo venir santificati dalla grazia. Fu conveniente che colei che al di là di ogni legge concepì restando vergine, generasse il Figlio di Dio al di sopra di ogni legge e umana consuetudine."Ed ecco Elisabetta", ecc. (Lc 1,36). Affinché la Vergine non dubitasse di poter partorire, le fu portato l'esempio di una donna sterile e anziana che avrebbe partorito, per riconoscere così che tutto è possibile a Dio, anche ciò che sembra contrario all'ordine della natura.
9. "Allora Maria rispose: Ecco la serva del Signore" (Lc 1,38). Non si insuperbisce per l'eccezionalità del privilegio, ma memore in tutto della sua condizione e della degnazione divina, si professa la serva del Signore, lei che è scelta ad essergli Madre, e con grande deferenza fa voti che la promessa dell'angelo si avveri."Avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38). E in quel momento, dalla Vergine fu concepito Cristo, uomo perfetto nell'anima e nella carne, tuttavia in modo tale che con lo sguardo non si potevano distinguere le forme del corpo e delle membra.
    Si crede che sia stato concepito il 25 marzo e, passati trentatré anni, sia morto lo stesso giorno, colui che è benedetto nei secoli. Amen.
10. "L'angelo Gabriele fu mandato, ecc. " Abbiamo sentito in che modo la Vergine Maria concepì il Figlio di Dio Padre; sentiamo ora brevemente in quale modo l'anima concepisce lo spirito della salvezza.
    Nella Vergine Maria vediamo raffigurata l'anima fedele: vergine per l'integrità della fede; dice infatti l'Apostolo: "Vi ho promessi ad un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo" (2Cor 11,2); Maria, cioè stella del mare, per la professione della stessa fede. "Con il cuore si crede per ottenere la giustizia", ecco la vergine; "con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza" (Rm 10,10), ecco la stella che dall'amarezza del mondo guida al porto dell'eterna salvezza. Questa vergine abita a Nazaret di Galilea, vale a dire "nel fiore della trasmigrazione". Il fiore è la speranza del frutto. L'anima fedele infatti spera di trasmigrare, di passare dalla fede alla visione, dall'ombra alla verità, dalla promessa alla realtà, dal fiore al frutto, dal visibile all'invisibile. Dicono i pastori: "Andiamo fino a Betlemme" (Lc 2,15), perché lì troveremo buoni pascoli, il pane degli angeli, il Verbo incarnato. E in Isaia leggiamo: "Gioia degli ònagri, pascolo delle greggi" (Is 32,14). Negli ònagri sono raffigurati i giusti, il cui gaudio saranno i pascoli delle greggi, vale a dire lo splendore e la beatitudine degli angeli, perché insieme con gli angeli si pasceranno, godranno cioè della visione del Verbo incarnato.
    A questa vergine viene inviato l'angelo Gabriele, il cui nome si interpreta "Dio mi ha confortato"; in lui è indicata l'infusione della grazia divina, senza il cui conforto l'anima viene meno. Infatti Giuditta prega: "Dammi forza, Signore, Dio d'Israele, in quest'ora. E con il pugnale colpì due volte al collo Oloferne e gli staccò la testa" (Gdt 13,9-10). Oloferne s'interpreta "indebolisce il vitello ingrassato": in esso è raffigurato il peccatore che, impinguato con il grasso delle cose temporali, viene dal diavolo spogliato delle virtù, e così si indebolisce e si ammala. La testa di Oloferne è la superbia del diavolo. Dice la Genesi: "Essa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno" (Gn 3,15): nel calcagno è indicata la fine della vita.
    La Vergine Maria stritolò la superbia del diavolo con l'umiltà, ma questi la insidiò, per così dire, al calcagno nella passione del Figlio suo. Chi vuole strappare da se stesso la superbia del diavolo, deve colpire due volte. La duplice percossa è il ricordo della nostra nascita e il pensiero della nostra morte. Chi medita assiduamente su questi due momenti della sua vita, strappa da sé la superbia del diavolo, ma prima è necessario che implori il sostegno della grazia divina. "Agite virilmente, e il vostro cuore sarà confortato!" (Sal 30,25).
11. "Entrato l'angelo da lei". Qui è posta in evidenza la solitudine dell'anima, che rimane sola con se stessa, leggendo nel libro della propria miseria e ricercando la dolcezza divina; per questo merita di sentirsi dire: Ave! Il nome di Eva, che s'interpreta "guai!" o "sventura", se viene letto al contrario diventa Ave. L'anima che si trova nel peccato mortale è Eva, ossia guai e sventura; ma se si converte alla penitenza, si sente dire Ave, vale a dire senza guai (a, senza, vae!, guai!)."Piena di grazia". Chi versa ancora qualcosa in un vaso pieno, perde ciò che ci versa. Così anche nell'anima, se è piena di grazia, non vi può entrare la sozzura del peccato. La grazia riempie ogni spazio e non lascia vuoto alcun angolo, nel quale possa restare o entrare ciò che le è contrario. Chi compra tutto, vuole tutto possedere; e l'anima è così grande che nessuno può riempirla, se non Dio solo, il quale, come dice Giovanni, "è infinitamente più grande del nostro cuore e conosce tutte le cose" (1Gv 3,20). Un vaso ben pieno trabocca da ogni parte. Dalla pienezza dell'anima ricevono tutti i sensi perché, come dice Isaia, "sarà sabato da sabato" (Is 66,23), vale a dire dalla pace interiore verrà la pace dei sensi e delle membra."Il Signore è con te". Al contrario, leggiamo nell'Esodo: "Non verrò con te, perché tu sei un popolo di dura cervice" (Es 33,3), cioè disobbediente e superbo. È come se dicesse: Verrei con te, se tu fossi umile. Perciò all'umile promette: "Tu sei mio servo: se dovrai attraversare le acque sarò con te e i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare" (Is 43,12).
    Nelle acque è raffigurata la suggestione diabolica; nei fiumi la gola e la lussuria; nel fuoco il denaro e l'abbondanza delle cose materiali; nella fiamma la vanagloria. Il servo, cioè l'umile, con il quale sta il Signore, passa illeso attraverso le suggestioni del diavolo, perché né la gola né la lussuria lo coprono. Chi ha la testa totalmente coperta non può né vedere, né odorare, né parlare e neppure udire distintamente; così chi è totalmente coperto dalla gola e dalla lussuria, viene privato della facoltà di contemplare, di discernere, di riconoscere il suo peccato e di obbedire. L'umile, anche se cammina attraverso il fuoco delle cose temporali, non resta bruciato né dall'avarizia né dalla vanagloria.
12. "Tu sei benedetta fra le donne". Si legge nella Storia Naturale che le donne sentono la compassione più intensamente dell'uomo, più presto versano lacrime, e hanno una memoria più tenace (Aristotele). In queste tre qualità è indicata la pietà verso il prossimo, la devozione delle lacrime, il ricordo della passione del Signore. Leggiamo nel Cantico dei Cantici: "Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio, perché forte come la morte è l'amore" (Ct 8,6): il tuo amore, per il quale sei morto. Benedette quelle anime che hanno queste tre qualità; tra esse è benedetta con il privilegio di una speciale benedizione l'anima fedele e umile, ricca di opere di carità.
    E in merito a questa benedizione, continua: "Ecco, concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù". Leggiamo ancora nella Storia Naturale che le donne gravide hanno dei dolori, perdono l'appetito e la loro vista si annebbia; altre donne, divenute incinte, aborriscono il vino, perché bevendolo perdono le forze. Questo avviene anche nell'anima, quando, sotto l'azione dello Spirito Santo, concepisce lo spirito della salvezza (cf. Is 26,18): incomincia a pentirsi del suo peccato, sente ripugnanza delle cose temporali, dispiace a se stessa - questo è il significato dell'annebbiamento della vista -, lei che era solita ammirarsi con compiacenza, e aborrisce il vino della lussuria. Da questi segni potrai giudicare se l'anima ha concepito lo spirito della salvezza, che in seguito partorirà, quando produrrà frutto nella luce delle opere buone; e a questo frutto metterà nome salvezza (Gesù), perché tutto ciò che fa, lo fa in vista della salvezza. "È l'intenzione - è stato detto - che qualifica l'opera". Infatti l'anima fedele agisce per piacere a Dio, per ottenere il perdono dei peccati, per edificare il prossimo, e per conseguire la salvezza eterna.
    Si degni di concedere anche a noi la salvezza, colui che è benedetto nei secoli. Amen.
13. "Ci fu un vento (lat. spiritus) grande e forte, da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu il terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. E dopo il terremoto ci fu il fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il soffio di un vento leggero" (3Re 19,11-12), e lì c'era il Signore. In queste parole del terzo libro dei Re troviamo un riferimento ai quattro eventi della festa odierna: il saluto dell'angelo, il turbamento di Maria, l'intervento dello Spirito Santo, l'incarnazione del Figlio di Dio.
14. Il saluto dell'angelo: "Ave, piena di grazia", è indicato dalle parole: "Un vento (spirito) impetuoso e gagliardo". Questo saluto è detto "spirito" perché è un saluto spirituale, mandato per mezzo di uno spirito angelico; "grande", perché fa grandi promesse; "forte", perché proviene dall'onnipotente Re della gloria, per mezzo del forte Gabriele.
    Queste tre parole corrispondono anche alle tre parti del saluto dell'angelo. "Ave, piena di grazia", ecco lo spirito. Qui non c'è nulla dalla terra, nulla dalla carne, ma tutto è dallo spirito, perché viene dalla grazia. La prima donna, Eva, è terra dalla terra, carne dalla carne, osso da osso; a lei è detto: "Guai (Vae, Eva), moltiplicherò le tue sofferenze e partorirai nel dolore" (Gn 3,16). Invece a Maria, la cui vita era già nei cieli (cf. Fil 3,20), viene detto: Ave, piena di grazia! E osserva che l'angelo non disse: Ave, Maria!, ma: Ave, piena di grazia! Noi invece diciamo: Ave, Maria!, cioè "stella del mare", perché siamo ancora in mezzo al mare, siamo sbattuti dai flutti, sommersi dalla tempesta, e perciò gridiamo: Stella del mare!, per arrivare con il suo aiuto al porto della salvezza. È lei che salva dalla tempesta coloro che la invocano, che mostra la via, che guida al porto. Invece gli angeli non hanno bisogno di essere salvati dal naufragio, perché sono già al sicuro nella patria: lo splendore di Dio li illumina e la loro lampada è l'Agnello (cf. Ap 21,23). E quindi l'angelo non dice: Ave, Maria! Noi miseri, invece, gettati in mare, lontani dalla sguardo degli occhi di Dio, sbattuti a ogni istante dalle tempeste, posti ai confini della morte, imploriamo a ogni istante: Ave, Maria!"Il Signore è con te", ecco il grande. Veramente grande, perché per nove mesi portò e nutrì nel suo grembo colui che i cieli e la terra non possono contenere (cf. 3Re 8,27; 2Par 2,6)."Benedetta sei tu fra le donne", ecco il forte. Leggiamo nel libro dei Giudici: "Sia benedetta fra le donne Giaele, che stese la mano sinistra al picchetto e la destra al martello da fabbro, e colpì Sisara al capo" (Gdc 5,24. 26). E ancora nel libro di Giuditta: "Una donna ebrea da sola ha gettato la vergogna nella casa del re Nabucodonosor. Ecco che Oloferne giace per terra e la sua testa non è più attaccata al tronco" (Gdt 14,16). "Ozia, capo del popolo, disse a Giuditta: Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo, più di tutte le donne che sono sulla terra" (Gdt 13,23). Il picchetto, con il quale si chiude l'ingresso della tenda, è la verginità di Maria. "Questa porta rimarrà chiusa: non verrà aperta, nessun uomo vi passerà" (Ez 44,2). Il martello, che ha la forma della lettera ti (T), è la croce della passione del Signore. Sisara, nome che significa "esclusione dalla gioia", è il diavolo che continuamente si sforza di escludere gli uomini dall'eterna felicità. Egli fu ucciso dalla verginità di Maria e dalla passione del Figlio suo; restò all'oscuro del loro segreto e per la loro potenza fu privato dei suoi poteri. Ben a ragione quindi: Sei benedetta fra tutte e sopra tutte le donne, tu che hai portato lo sgomento nella casa del diavolo, che hai troncato la testa del tiranno e ci hai riportato la pace.
    E continua: "da spaccare i monti", cioè la superbia, e "spezzare le rocce", vale a dire la cattiveria e la malizia dei demoni. "Il Signore, nella sua potenza ti ha benedetta - o benedetta fra gli angeli -, e per mezzo tuo ha annientato i nostri nemici" (Gdt 13,22), ha stroncato la loro arroganza e distrutto la loro protervia."Non nel vento c'è il Signore", perché durante questo saluto dell'angelo non avvenne l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria dapprima domanda in che modo, domandando viene edotta, quando ha compreso dà il suo assenso, e dando il suo assenso concepisce. Si deve procedere ordinatamente, e salire gradatamente.
15. Il turbamento della beata Vergine: "E dopo il vento il terremoto (lat. commotio)". "A quelle parole - dice Luca - ella rimase turbata", forse perché si sentì dire "benedetta fra le donne", lei che già era benedetta tra gli angeli. Leggiamo nel libro di Giuditta: "Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu sei la letizia di Israele, lo splendido onore del nostro popolo, perché hai agito virilmente e il tuo cuore è stato intrepido, perché hai amato e praticato la castità" (Gdt 15,10). Forse rimase turbata anche perché sentiva affermare di se stessa, ciò che non sentiva di essere. Scrive Gregorio: "È caratteristica degli eletti avere di sé un concetto molto più modesto di quello che hanno gli altri nei loro riguardi. Perfezione della virtù è non vedere la propria virtù e nascondere a propri occhi ciò che agli occhi altrui è evidente. Maria ci ha dato l'esempio, affinché anche noi ci turbiamo quando siamo lodati, e stimiamo noi stessi meno di quanto siamo o di quanto sentiamo dire dagli altri.
    Leggiamo nella Storia Naturale che le conchiglie, che producono le perle con la rugiada che scende dal cielo, se sfolgora improvvisamente un bagliore, sono prese da grande spavento e sùbito si rinchiudono, perché temono che il loro prodotto venga macchiato. Così anche la Vergine Maria, che dalla rugiada del cielo - "stillate rugiada dall'alto, o cieli" (Is 45,8) - concepì la "perla preziosa" degli angeli, si turbò per l'improvviso bagliore dell'apparizione angelica. Per questo cantiamo nella liturgia dell'Avvento: "Si turbò la Vergine per la luce improvvisa" (Breviario Romano, antico ufficio). Così anche noi, se con la rugiada della grazia vogliamo concepire la perla di una vita santa, al bagliore della lode umana dobbiamo subito temere, dobbiamo abbassarci e umiliarci e, per non distrarci, chiuderci nel raccoglimento, per non correre il rischio di perdere, per causa dell'approvazione degli uomini, il bene che abbiamo fatto. "Non nel terremoto c'è il Signore", vale a dire non nel turbamento di Maria avvenne l'incarnazione del Verbo.
16. L'intervento dello Spirito Santo. "E dopo il terremoto ci fu il fuoco". "Lo Spirito Santo scenderà su di te". Fuoco che non brucia, ma che illumina.
    Osserva che il fuoco vince tutti gli ostacoli; non può essere contenuto, e trasforma in rinforzo della sua azione le cose nelle quali si accende; si trasmette a tutto ciò che in qualche modo gli si avvicina; è rinnovatore e non perde vigore quando si propaga. Allo stesso modo lo Spirito Santo, uguale al Padre e al Figlio, supera tutti gli ostacoli. "Lo Spirito del Signore - leggiamo - si librava sulle acque" (Gn 1,2), come la mente dell'artefice si libra sull'opera che sta eseguendo. La sua potenza non si può contenere, "e non sai da dove viene e dove va" (Gv 3,8). Infiamma di sé le anime nelle quali si accende e le rende capaci di infiammare gli altri. Si dà a tutti, e quelli che gli si avvicinano sentono il suo calore. È rinnovatore, e per questo diciamo: "Manda il tuo Spirito: tutto sarà ricreato, e rinnoverai la faccia della terra" (Sal 103,30). Solleva in alto la mente; per quanto diffonda ed espanda la sua grazia, rimane sempre immutabile in se stesso.
    Questo fuoco discese sulla Vergine e la riempì del carisma della grazia. Ma neppure in questo fuoco avvenne l'incarnazione del Verbo, perché aspettava l'assenso della Vergine. Nessuno infatti può concepire Dio nella sua mente se non con l'assenso della mente stessa. Tutto ciò che c'è nell'anima senza il consenso, non può giustificare l'uomo.
17. E finalmente avviene l'incarnazione del Figlio di Dio. "E dopo il fuoco ci fu un soffio, il mormorio di un vento leggero", e lì c'era il Signore. "Ecco la serva del Signore" - questo è il mormorio -, "avvenga di me quello che hai detto". E in quel momento "il Verbo si fece carne" (Gv 1,14).
    Osserva che il mormorio si fa con le labbra un po' strette. La Vergine Maria "restrinse", diminuì se stessa: la Regina degli angeli si dichiarò serva, e così oggi il Signore guardò all'umiltà della sua serva (cf. Lc 1,48). E questo concorda con ciò che leggiamo nel libro di Giuditta: "Il gran sacerdote Ioakim andò da Gerusalemme a Betulia, per vedere Giuditta" (Gdt 15,9). Ioakim, nome che si interpreta "la sua preparazione", raffigura Gesù Cristo che disse: "Vado a prepararvi un posto" (Gv 14,2), e che "con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario" (Eb 9,12).
    Egli oggi, dalla Gerusalemme celeste andò a Betulia, nome che significa "casa che partorisce il Signore", cioè dalla beata Vergine Maria, che lo partorì; egli stesso in persona volle vederla, volle in lei abitare e da lei prendere la sua carne.
    A lui onore e gloria nei secoli eterni. Amen.
18. "Ecco un vento grande e forte". Qui si devono considerare quattro eventi: l'ira del giudice venturo, la sentenza contro i dannati, la geenna di fuoco, la gloria dei beati.
    L'ira del giudice venturo. Leggiamo in Isaia: "Spirito del giudizio per colui che siede sul trono" (Is 28,6); e "In quel giorno il Signore con la sua spada inflessibile, grande e forte farà vendetta del Leviatan, serpente forte e tortuoso, e ucciderà il drago che sta nel mare" (Is 27,1). La spada raffigura il Figlio, che il Padre brandirà nel giudizio. Una spada brandita fa due cose: produce lampi di splendore e tremolii d'ombra. Così Cristo nel giudizio mostrerà ai giusti la gloria della divinità, e agli ingiusti la forma assunta di uomo, affinché vedano "colui che hanno trafitto" (Gv 19,37; Ap 1,7). Questa spada è inflessibile, perché non si piegherà né per preghiere né a nessun prezzo; grande, perché arriverà a tutti; forte, perché tutto distruggerà.
    Ecco dunque che nel giorno del giudizio il Padre, nella persona del Figlio, sbaraglierà il Leviatan, cioè il diavolo e i suoi seguaci, colui che è detto serpente per l'astuzia, rigido, cioè inflessibile, per la superbia, tortuoso per l'invidia, drago per le rapine. Così sono anche i suoi seguaci, con i quali il diavolo vive in una familiarità amara, nell'amarezza del peccato. Allora quel vento "spaccherà i monti", cioè i superbi e i potenti di questo mondo, "e frantumerà le pietre", cioè i cuori induriti.
19. La sentenza contro i dannati. "E dopo il vento, il terremoto". Dice Isaia: "Con grande fragore sarà spezzata la terra", cioè il superbo; "con grandi fenditure si spaccherà la terra", cioè l'avaro; "con grandi cataclismi sarà sconvolta la terra", cioè l'iracondo; "come un ubriaco traballerà fortemente la terra", cioè l'ingordo e il lussurioso (cf. Is 24,19-20). Giorno e notte il Signore grida: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati" (Mt 11,28), ma essi non vogliono andare; in quel giorno si sentiranno dire: "Via da me, maledetti!" (Mt 25,41). Quale sarà lo sconvolgimento, lo strepito, il tumulto, il dolore e i gemiti, lo stridore e il pianto, quando quella belva, il diavolo, sarà precipitato nell'inferno insieme con tutti gli empi!
20. La geenna di fuoco. "E dopo il terremoto, il fuoco". "Ecco, il Signore verrà con il fuoco, e le sue quadrighe saranno come il turbine. Riverserà indignato la sua ira, la sua minaccia con fiamme di fuoco: con il fuoco infatti il Signore farà giustizia" (Is 66,15-16). E ancora: "Metterà fuoco e vermi nelle loro carni, saranno bruciati e tormentati in eterno" (Gdt 16, 21).
21. La gloria dei beati. "E dopo il fuoco, il soffio, il mormorio di un vento leggero": "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno" (Mt 25,34). Allora il Signore sarà dolce e soave, degno di lode e amabile, pietoso e benigno. Non sarà così però nello spirito di indignazione, nello sconvolgimento della dannazione, nella geenna del fuoco, bensì nel soffio del vento leggero, cioè dell'ineffabile sua misericordia. Dice in proposito Zaccaria: "Con un sibilo li chiamerò a raccolta, perché li ho riscattati" (Zc 10,8). Allora, come dice Isidoro, i santi conosceranno perfettamente quale bene ha loro procurato la grazia, e quale sarebbe stata la loro sorte se la misericordia divina non li avesse scelti gratuitamente, e come sia vero ciò che si canta nel salmo: "Misericordia e giustizia canterò a te, o Signore!" (Sal 100,1). Questo dobbiamo credere con assoluta certezza: nessuno si salverà se non per la misericordia che non gli è dovuta; nessuno si dannerà se non per una condanna che gli è dovuta.
    Guardiamoci dunque, o carissimi, dal vento della superbia, dal turbamento dell'avarizia e dell'ira, dal fuoco della gola e della lussuria, tutte cose nelle quali non c'è il Signore. Umiliamoci nel soffio, nel mormorio della nostra confessione e della nostra accusa, nella brezza leggera della mansuetudine e della pace, perché qui c'è il Signore. Così nel giorno del giudizio meriteremo di sentirci dire: "Venite, benedetti!"Ce lo conceda colui che è benedetto nei secoli. Amen.