Riceviamo e pubblichiamo questa bella testimonianza del Ministro Provinciale, p. Giovanni Voltan, che tra luglio e agosto è stato in Indonesia, a Medan, per presiedere il Capitolo custodiale del “distaccamento” in terra asiatica della Provincia italiana di S. Antonio di Padova e incontrare le locali comunità di frati minori conventuali.
Ci vogliono (almeno da Venezia) tre aerei per arrivare in Indonesia o due se si atterra direttamente a Jakarta per andare al nostro convento-parrocchia. Ma per approdare al nord di Sumatra, nell’area attorno a Medan ove c’è la maggior parte delle nostre comunità, occorre passare, con il terzo aereo, da Jakarta oppure da Singapore o Kuala Lumpur.
Assieme a fr. Valerio (alla sua undicesima), mi son recato per la terza volta in Indonesia per presiedere il Capitolo custodiale di questa nostra “figlia”, Viceprovincia (tecnicamente, nel linguaggio francescano, Custodia) che con i suoi circa 70 frati professi solenni (68 per la precisione) e una quarantina di candidati in formazione è una realtà in piena crescita, un po’ come tutta l’Asia. Nel Paese che conta il più alto numero di musulmani del mondo, i cristiani sono una minoranza, eppure a parte pochi focolai fondamentalisti, la convivenza è buona, favorita dal governo centrale.
La nostra missione qui iniziò con tanta speranza nel 1968 grazie ai frati della Provincia Bolognese (dopo che i frati olandesi avevano lasciato definitivamente il Paese: la loro missione era stata avviata in Giava). Oggi la realtà è cresciuta soprattutto nel nord di Sumatra, con una presenza al sud di Sumatra, una a Jakarta in Giava, una a Kefamenanu in Timor. Otto comunità (più una piccola missione in Borneo): presto saranno dieci, come da fresca decisione capitolare.
Qui il carisma francescano è vissuto in modo variegato: nella pastorale parrocchiale, nelle scuole, in centri di spiritualità, nelle opere socio-caritative (tra queste un orfanatrofio). Un volto francescano indonesiano e, prima ancora, un Vangelo incarnato e inculturato nei tratti caratteristici di questa cultura che, per molti aspetti, è un altro mondo rispetto al nostro (che pure ha saputo trasmettere, con l’entusiasmo dei primi frati missionari bolognesi, la passione e la bellezza della vita francescana senza volerla italianizzare, ma sposandola a questa terra). Bello cogliere come il Vangelo si sa adattare e inculturare in ogni pezzetto di mondo, risplendendo di luci e significati diversi, inediti ed insieme universali.
Personalmente mi ha colpito, nelle liturgie soprattutto, il senso religioso delle persone, dai più piccoli ai più grandi, la compostezza e insieme la festa di danze e canti (straordinari quelli nei costumi tradizionali).
Sono stati giorni belli pieni quelli del Capitolo (subito a ridosso della conclusione del nostro come Provincia!) distribuiti in una prima e seconda parte, con un intermezzo, ma alla fine io e fr. Valerio siamo stati lieti di essere stati un tantino utili alla crescita di questa realtà. Che con una votazione a maggioranza assoluta ha espresso a voce alta un grande sì: chiede all’Ordine, tramite la Provincia “madre” (noi!) di diventare Provincia a sua volta! Un passo significativo nel desiderio di guidare la propria storia con responsabilità.
Accanto all’intensa e, tutto sommato serena, vita fraterna vissuta in Capitolo, tra i tanti incontri snodatisi in chilometri spesso faticosi (strade strette, super affollate, spesso accidentate) mi ha commosso quello di Tiga Juhar, sede di un nostro convento, domenica 30 luglio. In questo piccolo villaggio abbiamo inaugurato la scuola con convitto realizzata grazie al contributo economico di tanti abbonati del Messaggero di S. Antonio e devoti del Santo (la famiglia antoniana) tramite la Caritas Antoniana (era il “progetto giugno” del 2015).
Da Jakarta è venuto nientemeno che il Ministro dell’Istruzione, Sig. M. Effendy, colpito -così ci ha detto- che dei frati, grazie alla Caritas Antoniana (gli abbiam spiegato cos’è), abbiamo realizzato tanto nel nome di S. Antonio. Così si permette alle famiglie dei villaggi della zona di poter mandare a scuola con continuità i propri figli sconfiggendo la dispersione scolastica che poteva anche significare andare in città, distanti dalle famiglie, con tutti i rischi connessi (giri non buoni, droga, ecc.).
Non si è potuto metter il nome “S. Antonio di Padova” alla scuola perché vi partecipano insieme ragazzi/e musulmani e cattolici. Per più motivi s’è deciso un nome più “ecumenico”, Satu Padu, che significa (anche simbolicamente) “unità”. Il contesto è la politica “uniti nella diversità” che il Presidente della Repubblica Indonesiana, il moderato H. Joko Widodo (molto amato anche dai cristiani) sta portando avanti. Ma, ci han fatto notare i frati, che Satu Padu contiene dentro, come abbreviato, “santo Antonio Padua”. Il disegno del Santo è poi inserito nel Tau del logo della scuola.
Un’eucarestia interminabile e calda in tutti i sensi, i molteplici discorsi prima del taglio del nastro tra una danza e un’altra ancora, sono stati espressione di un grazie sentito e forte di queste persone buone e semplici. Come frati italiani, io e fr. Valerio, abbiamo ricevuto la gratitudine rivolta a tutti i donatori italiani della grande famiglia antoniana. Non sono mancate richieste fiume di foto e selfie, non tanto per …virtù dei soggetti, ma perché “pastor” (pastore: sacerdote) venuti dall’Italia in nome di S. Antonio.
Terima Kasih saudara-saudara dan selamat jalan Kustodia dari Indonesia!
(grazie fratelli e buon cammino Custodia di Indonesia!)
Fra Giovanni Voltan