In Basilica sono numerosi sia i «frati» non sacerdoti sia i «padri», cioè i frati ordinati. Tutti insieme lavorano, supportandosi a vicenda, perché il grande santuario sia un luogo di fede sempre bello e accogliente. Ma perché alcuni frati vengono chiamati padri, mentre altri no? Che differenza c’è tra frate e padre? A raccontare le loro peculiarità è padre Massimiliano Patassini in “Fratelli uniti nel servizio” sul «Messaggero di sant’Antonio» di marzo.
«Chi diventa frate abbraccia la vita religiosa, promettendo di vivere il Vangelo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità; inoltre vive l’esperienza insieme ai suoi confratelli, che hanno fatto la stessa scelta: la fraternità è uno degli aspetti importanti di questa esperienza – spiega il direttore del mensile –. Molti tra i frati diventano anche sacerdoti, ricevendo il sacramento dell’Ordine: da quel momento vengono chiamati padri, celebrano la Messa, ascoltano le confessioni, amministrano i sacramenti».
E accanto a molte figure di confratelli che lavorano e hanno lavorato nel silenzio per la basilica - come il custode dell’Arca, il frate del banco-messe, quello della Cappella delle reliquie, il sacrestano, il frate infermiere e il confessore - non sono mancate alcune figure di frati che nel corso dei secoli hanno reso famoso il santuario padovano. Tra questi fra Valentino Schmidt, di origine tedesca, custode della Basilica dal 1853 al 1890, falegname, intagliatore e restauratore, che lo stesso Camillo Boito (architetto tra il XIX e il XX secolo, famoso per la ricomposizione dell’altare del Donatello) apprezzava.
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