Antonio non è un ripetitore di Francesco. I due santi sono diversi sotto molti punti di vista, a partire dall’estrazione sociale e dalla formazione, ma anche e soprattutto nel temperamento e nello stile evangelico.
La provenienza straniera di Antonio, la sua formazione, le sue doti, portano al nascente Ordine una provvidenziale "contaminazione". Antonio fa parte di una linea del minoritismo internazionale e padano cresciuto lontano dall'Umbria, maturato nell'attività apostolica in stretto collegamento con la curia romana, con i frati predicatori, con gli ambienti di studio e le chiese locali.
La novità da essi introdotta sta nell'assunzione diretta di compiti di riforma ecclesiastica, guidata da Roma. Con loro la linea dell'impegno pastorale di guida, insegnamento, educazione e formazione nella chiesa e nella società prevale su quella di semplice professione del Vangelo tra i poveri e gli emarginati in una vita di servizio e di umile sottomissione.
Eppure Antonio è e rimane profondamente francescano, perché fa suoi i principi fondamentali del francescanesimo: l’amore per la povertà e la dedizione verso i poveri, l’impegno missionario, la dimensione contemplativa e il rispetto della gerarchia ecclesiale.
Immagine: S. Francesco appare ad Arles, Ubaldo Oppi, 1939, Basilica di sant’Antonio, Cappella S. Francesco d'Assisi – fotografia di Giorgio Deganello – fototeca MSA