Venerdì 8 settembre alle 20.45, presso la Sala dello Studio Telogico della Basilica di sant'Antonio, andrà in scena "Anch'io - Milena Zambon", terza opera della trilogia teatrale di p. Luigi Francesco Ruffato dedicata alle vittime del nazifascismo, per la regia di Filippo Crispo.
Lo spettacolo narra la tragica quanto eroica storia di Milena Zambon, vicentina poco più che ventenne che tra il 1943 e il 1944 prese parte a quella "Catena di Salvezza", istituita a Padova da p. Placido Cortese, che mise in salvo le vite di centinaia di prigionieri alleati e perseguitati politici destinati ai campi di concentramento.
Proprio a causa di questa attività Milena venne arrestata nel 1944 e mandata nei campi di Ravensbrück e Wittenberg. Tornata in Italia nel 1945 gravemente malata, trascorse due anni in case di cura e il 12 maggio 1948 entrò in un monastero di monache benedettine. Prenderà il nome di suor Rosaria e per obbedienza scriverà le sue Memorie.
Il lavoro di Ruffato si ispira proprio alle Memorie della giovane monaca, che rimasero segrete fino alla sua morte, ma che costituiscono una straordinaria testimoninaza storica e di fede. La Zambon racconta una realtà durissima da accettare, ma nella quale, nonostante l'efferata crudeltà di cui è testimone e le reiterate violenze fisiche e psicologiche che è costretta a subire, riesce sempre a riconoscere e mantenere i valori fondamentali di cui si fa strenua portatrice, come leggiamo nelle sue stesse parole:
La mia storia non è solo di ieri, ma è ancora attuale oggi.
Pur nell’orrore di quella esperienza tragica, impressa a caratteri indelebili nel mio animo, riconobbi quei valori che superano il tempo e durano per l’eternità. Da qui guardo il passato con gli occhi di un bimbo, che assume la realtà come uno strano gioco da non insegnare a nessuno. Anche questo è un modo per collaborare a purificare la malvagità della Seconda Guerra Mondiale e di tutte le guerre.
Sono testimone che il male dell’uomo è transitorio mentre il bene è infinito ed eterno e sempre inizia con il perdono.
L'opera, nel suo lineare procedere, attraverso una scrittura poetico-evocativa tragica, è un inno di amore, di impegno, di speranza, pur nella tragedia di quella giovane vita, nonchè un tentativo, come lo sono le stesse Memorie, di far breccia nelle nostre deboli coscienze per diventare un contributo alla costruzione del bene.
Informazioni
L’ingresso è libero.
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