Sermoni Mariani

PURIFICAZIONE (I) DELLA BEATA VERGINE MARIA

1. "Come incenso fragrante nei giorni dell'estate; come fuoco splendente e incenso che brucia nel fuoco" (Eccli 50,8-9).
    Dice Cristo per bocca dell'Ecclesiastico: "Io come il Diorix derivante da un fiume e come un corso d'acqua sono uscito da un giardino" (Eccli 24,41).
    Diorix (canale di derivazione) si interpreta "medicina della generazione", e indica Gesù Cristo, che è la medicina del genere umano, corrotto in Adamo. Gesù Cristo, come un canale irriguo e come un corso d'acqua, uscì "dal giardino", vale a dire dal ventre verginale, perché, dal momento in cui assunse la carne dalla Vergine, divenne per noi, per mezzo dell'acqua del battesimo, come un fiume, per quanto riguarda la fede, e come canale irriguo per ciò che riguarda la passione in cui sparse il suo sangue, col quale risanò le nostre ferite; divenne corso d'acqua per quanto riguarda l'infusione della grazia. Per mezzo di lui infatti, come attraverso un corso d'acqua, il Padre infonde in noi la grazia. Per questo, alla fine di ogni preghiera diciamo: Per Gesù Cristo, nostro Signore.
    Dice la Genesi: "In principio il Signore Dio piantò un giardino di delizie... nel quale pose l'uomo perché lo coltivasse e lo custodisse" (Gn 2,8. 15). Ma l'uomo lo coltivò male e male lo custodì. Fu quindi necessario che il Signore Dio piantasse un altro giardino, di gran lunga migliore, cioè la beata Vergine Maria, al quale ritornassero gli esuli dal primo. E in questo nuovo giardino fu posto il secondo Adamo, che lo coltivò e lo custodì. Fece grandi cose, come ebbe a dire il "giardino" stesso: "Ha fatto in me grandi cose colui che è potente, e santo è il suo nome" (Lc 1,49). Ciò che noi diciamo santo, i greci dicono agion, che letteralmente significa "privo di terra" (a, senza, gè, terra), giacché coloro che sono consacrati al suo (di Dio) nome, devono rivolgere le loro aspirazioni non alla terra ma al cielo. Lo custodì, perché lo mantenne nella sua integrità; lo coltivò, quando lo fecondò; lo conservò, quando non ne violò il fiore.
    In principio la terra, maledetta nell'opera di Adamo, germogliò spine e triboli dopo la fatica. La nostra terra, cioè la beata Vergine, produsse invece senza opera di uomo il frutto benedetto, che come oggi offrì a Dio Padre, nel tempio. E quindi a ragione diciamo: "Come incenso fragrante nei giorni dell'estate", ecc.
2. Incenso, in latino thus, deriva da tundo, pestare, perché i grani d'incenso, prima di essere bruciati, vengono pestati e ridotti in polvere; e per questo alcuni scrivono tus, senza acca. Altri sostengono che deriva dal greco theos (Dio) e quindi lo scrivono con l'acca: thus. La beata Vergine, con le parole dell'Ecclesiastico, dice: "Come olìbano non inciso riempii di profumo la mia abitazione" (Eccli 24,21). L'olìbano è una pianta dell'Arabia, pianta grandiosa, che produce un succo aromatico, e prende il suo nome da un monte dell'Arabia: infatti il monte dove si raccoglie l'incenso è chiamato Libano (olìbano). E l'incenso si raccoglie due volte all'anno, in autunno e in primavera.
    L'olìbano non inciso è figura della Vergine Maria, che mai fu incisa da alcun ferro di concupiscenza. Maria "vaporizza" con l'amore l'anima nella quale abita, vale a dire la riempie con il profumo delle virtù. Dalla sua emanazione, quell'anima spira il profumo dell'umiltà e della castità. La Vergine Maria, che per il candore della sua vita è chiamata Libano, che vuol dire bianchezza, emanò da se stessa l'incenso profumato, vale a dire l'umanità di Gesù Cristo, del cui profumo è stato riempito tutto il mondo.
    Nella duplice raccolta dell'incenso è raffigurata la duplice "oblazione" di Cristo. Prima lo offrì la Madre nel Tempio, "secondo la prescrizione di Mosè" (Lc 2,22); poi Cristo offrì se stesso in sacrificio a Dio Padre per la riconciliazione del genere umano. Nella prima oblazione fu thus, incenso (da theos, Dio) cioè offerto a Dio; nella seconda fu tus, incenso (da tundo, pesto) perché per i nostri peccati è stato pestato. E allora fu "incenso fragrante nei giorni dell'estate", cioè nell'infuriare della persecuzione giudaica.
    Sulla prima oblazione, che oggi celebriamo, faremo alcune considerazioni, in lode della gloriosa Vergine Maria.

3. Nel libro dei Giudici, dove si parla di Debora, leggiamo: "Sia benedetta tra le donne Giaele, la moglie di Eber il Kenita: sia benedetta nella sua tenda. Acqua egli chiese, latte essa diede, in una coppa da prìncipi offrì il burro. La mano sinistra stese al picchetto della tenda, e la destra a un martello da fabbro; percosse Sisara, cercando nella testa il punto dove colpirlo e ne trapassò profondamente la tempia" (Gdc 5,24-26). E quello, unendo il sonno alla morte, "giacque immobile e morì" (Gdc 5,27). Giaele s'interpreta "cerva", ed è figura della Vergine Maria.
    Leggi in proposito il sermone della III domenica di Quaresima, parte V, sul vangelo: "Alzando la voce una donna disse: Beato il ventre".
    Disse queste cose la moglie di Eber il Kenita. Eber significa "partecipe" e Kenita "possessione", ed è figura di Gesù Cristo, il quale, partecipe della nostra natura, dice con le parole di Salomone: "Il Signore mi possedette all'inizio delle sue vie" (Pro 8,22).
    Le vie del Signore sono le sue opere, all'inizio delle quali possedette la sapienza, perché al principio del creato che stava per nascere, ebbe il Figlio, per ordinare con lui tutte le cose. Un'altra traduzione recita così: "Il Signore mi ha creato come principio delle sue vie nella sua opera". È ciò che si legge dell'incarnazione del Signore: Mi creò Dio, secondo la carne. La carne conosce Dio; la gloria indica il Padre; la creatura riconosce il Signore; l'amore conosce il Padre, cioè il principio, oppure nel principio delle sue vie, come egli stesso dice: "Io sono la via" (Gv 14,6), che guida la chiesa alla vita. Nella sua opera, che era da redimere, fu creato da una Vergine. La sua carne dunque fu in funzione della sua opera; la sua divinità fu prima della sua opera. La vergine Maria fu quindi chiamata anche sua "sposa", perché egli riposò nel suo talamo ed ebbe da lei la carne. Sia dunque benedetta nella sua tenda. "Tutte le generazioni - ella disse - mi chiameranno beata!" (Lc 1,48). Nella sua tenda è benedetta, perché in essa riposò colui che l'aveva creata.
    Nella sua lode, che sta al di sopra di ogni altra lode, ogni argomento si esaurisce; e nella sua lode ogni lingua balbetta perché la materia è inesauribile. E giacché la devozione vuole dire di lei qualcosa, per quanto poco sia, proponiamo alcune considerazioni sulla "tenda", come andando a tastoni.

4. "Sia benedetta Giaele nella sua tenda". Il Signore parlò a Mosè, dicendo: "Così farai la tenda del convegno: farai dieci cortine di bisso (lino) ritorto, di giacinto, di porpora e di cocco tinto due volte, e variamente ricamate. Farai undici teli di pelle di capra per coprire il tetto della tenda. Farai anche un'altra copertura di pelli di ariete tinte di rosso, e sopra questa, di nuovo un'altra copertura di pelli di giacinto. Poi farai delle assi di legno di setim (acacia, robinia), che collocherai in senso verticale" (Es 26,1. 7. 14-15).
    La Storia Scolastica (Comestor), in riferimento a questo passo dice: "La tenda era la casa dedicata a Dio; era quadrangolare e oblunga, chiusa da tre pareti: a nord, a sud e a ovest. L'ingresso si apriva libero ad oriente, affinché al sorgere del sole fosse illuminato dai suoi raggi.
    La sua lunghezza era di trenta cubiti, la sua larghezza di dieci, e di dieci anche l'altezza. Nel fianco meridionale si alzavano venti tavole di legno di setim, ognuna lunga dieci cubiti, larga un cubito e mezzo e dello spessore di quattro dita. Erano unite tra loro ad incastro in modo che non ci fosse alcuna fessura né dislivello sulla parete; erano dorate sulle due facce, e ognuna era posta su due basi di argento perforate, e nei fori erano infilati i cardini d'oro.
    Con lo stesso sistema era costruita la parete settentrionale. Invece a occidente c'erano sette tavole, però in tutto simili alle altre ed erette sulle loro basi con lo stesso sistema. Sopra le tavole erette con questa precisione fu posto il tetto, formato dalle quattro coperture sopraddette, cioè dalle cortine, dai teli di lana di capra e di pelli tinte di rosso, e da quelle tinte di azzurro.
    La tenda è figura della Vergine Maria, nella quale Cristo si armò della corazza della giustizia e dell'elmo della salvezza, per trionfare sulle potenze invisibili.
    Sul significato di queste armi, vedi il commento al brano evangelico "Quando un uomo forte, bene armato... " nel sermone della domenica III di Quaresima, II parte.
    Maria è la casa dedicata a Dio, consacrata con l'unzione dello Spirito Santo, quadrangolare per le quattro principali virtù, oblunga per la finale perseveranza, chiusa con tre pareti di virtù contro il settentrione, il meridione e l'occidente. Nel settentrione è raffigurata la tentazione del diavolo, nel meridione la fallacia del mondo, nell'occidente la rovina del peccato.
    Fu chiusa a settentrione. Infatti leggiamo nel libro della Genesi: "Ella ti schiaccerà la testa, e tu le insidierai il calcagno" (Gn 3,15). La beata Vergine schiacciò la testa, cioè la radice della suggestione diabolica, quando emise il voto di verginità. Ma [il diavolo] insidiò il suo calcagno, quando alla fine fece catturare e crocifiggere dai giudei il suo Figlio.
    Parimenti fu chiusa a meridione. Scrive Luca: "L'angelo, entrando da lei disse: Ti saluto, piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28). Era dentro, era chiusa colei alla quale l'angelo entrò. E poiché era dentro, meritò di essere benedetta. Non quelli che sono fuori, infatti, sono ritenuti degni del saluto dell'angelo, né degni che ad essi si dica: Ave!; ma piuttosto, come dice Amos: "A tutti quelli che sono fuori, sarà detto: Vae! Guai, guai!" (Am 5,16). Infatti non è gradito a Dio il saluto che è solo esteriore. Leggiamo in Matteo che il Signore rimprovera coloro che cercano di essere salutati nelle piazze (cf. Mt 23,7). Infatti chi è fuori, nella piazza o in pubblico, non merita di essere salutato da Dio o da un angelo, che amano il nascondimento. Gesù, mandando in missione gli apostoli, dice: "Non salutate nessuno lungo la strada"; ma "in qualunque casa entriate, dite: Pace a questa casa!" (Lc 10,4-5); comandò cioè di salutare non quelli che stavano sulla strada, e neppure quelli che lavoravano fuori nei campi, ma quelli che erano in casa. Quindi coloro che se ne stanno fuori, vengono privati del saluto divino.
5. Fu chiusa anche ad occidente. Nel libro dell'Esodo si dice che Mosè (neonato) restò nascosto per tre mesi. E quando non fu più possibile tenerlo nascosto, la madre prese un cestello di giunchi, lo spalmò di bitume e di pece, vi sistemò dentro il bambinello e lo depose in un folto di arbusti (cariceto) della riva del fiume (cf. Es 2,2-3). Vediamo che cosa significhino Mosè e i tre mesi, che cosa il cestello di giunchi, il bitume e la pece, e che cosa raffiguri il fiume.
    Mosè è Gesù Cristo, che restò nascosto tre mesi, cioè per tre periodi: prima della creazione del mondo, dalla creazione fino a Mosè, e da Mosè fino all'annunciazione della beata Vergine Maria, la quale fu come il cestello di vimini, sigillata da ogni parte quasi con bitume e pece.
    Il cestello è fatto di vimini, è leggero e malsicuro. E i tre elementi con i quali è costruito simboleggiano le tre principali virtù della Vergine Maria. Nel vimine è indicata l'umiltà, nel bitume la verginità e nella pece la povertà. Il vimine deve il suo nome a vis (forza), perché ha una grande forza di attecchimento; è di tale natura, che se viene bagnato, ridiventa verde anche se era già secco; quindi tagliato e piantato in terra, mette subito le radici. Questa è l'umiltà, che ha sì gran forza di attecchimento, che anche se è disprezzata e gettata via come inaridita, tuttavia piantata nel terreno, al quale l'umile sempre è rivolto, mette radici ancor più profonde. Nella beata Vergine perciò, quasi in un cestello di vimini, fu nascosto Gesù Cristo, e fu esposto nell'acqua corrente, cioè in questo mondo: la figlia del re, cioè la santa chiesa, lo adottò come figlio (Glossa).
    Il cariceto è un luogo pieno di lunghe erbe chiamate càrice; è detto anche canneto e può essere anche un luogo pieno di spine. La beata Vergine fu quasi recintata da questa triplice vegetazione, perché la suggestione diabolica, l'ipocrisia del mondo e l'attrattiva del peccato non potessero violarla. Di questa triplice protezione è detto nel Cantico dei Cantici: "Giardino chiuso tu sei, sorella mia, giardino chiuso, fonte sigillata" (Ct 4,12). La beata Vergine viene detta sorella di Cristo a motivo della comunanza della carne. Ella fu "giardino chiuso" con il muro dell'umiltà contro settentrione; giardino chiuso con il muro della povertà contro meridione; "fonte sigillata" con il sigillo della verginità contro occidente. Queste sono le tavole, dorate all'interno e all'esterno, unite inseparabilmente, perfettamente livellate e collocate su basi d'argento, vale a dire sulla purezza delle intenzioni e sulla proclamazione della lode divina.
6. Parimenti, su questa triplice recinzione e su l'oriente, da dove la tenda viene illuminata, hai una concordanza in ciò che dice Ezechiele: "Mi portai alla porta esterna del santuario dalla parte di oriente, ed era chiusa. Il Signore mi disse: Questa porta rimarrà chiusa, non verrà aperta e non vi passerà uomo, giacché per essa è entrato il Signore, il Dio d'Israele, e sarà chiusa al principe. Il principe stesso sederà in essa per mangiare il pane davanti al Signore" (Ez 44,1-3).
    La porta è così chiamata perché attraverso di essa si può portare o asportare qualcosa, ed è figura della beata Vergine, perché attraverso di lei portiamo fuori i tesori delle grazie. Questa fu la porta del santuario esterno, non dell'interno. Il santuario interno è la divinità, l'esterno l'umanità. "Il Padre diede la maestà, la Madre l'infermità" (Agostino). La via di questa porta fu l'umiltà, virtù alla quale, secondo il profeta, ognuno deve applicarsi.
    L'umiltà della Vergine si volse ad oriente, per essere illuminata dai suoi raggi. Questa porta per ben tre volte viene detta chiusa, perché la beata Vergine, come è stato già spiegato, fu chiusa a settentrione, a meridione e ad occidente. Fu aperta nell'umiltà solo all'Oriente, cioè a Gesù Cristo che venne dal cielo. Per questo è detto: "Non vi passerà uomo", vale a dire "Giuseppe non la conoscerà"; e "sarà chiusa al principe", intendendo con ciò il diavolo, che è il principe di questo mondo, alle cui suggestioni ella fu chiusa, perché la sua anima non si aprì ad alcuna tentazione, come la sua carne ignorò contatto di uomo. Soltanto il vero Principe, cioè Cristo Gesù, prese in lei dimora, accettando l'umiliazione della carne, per mangiare il pane davanti al Signore, cioè per fare la volontà del Padre che l'aveva mandato (cf. Gv 4,34). Alle tavole delle virtù così disposte, viene sovrapposto il tetto di cortine, di teli di lana di capra e di pelli tinte di rosso e di azzurro. "Solo nella Vergine Maria è compendiata la vita di tutti i santi; solo lei è capace, è in grado di praticare, di possedere tutte le virtù" (Ambrogio).
    Osserva che la chiesa di Cristo si divide in militante e trionfante. La chiesa militante ha le cortine e i teli di lana di capra; la chiesa trionfante ha le pelli tinte di rosso e di azzurro. Nelle cortine ricamate, tessute a vari colori, cioè lavorate ad ago con finezza e fantasia, sono raffigurati tutti i giusti della chiesa militante. Nel tessuto di lino sono raffigurati i buoni religiosi che custodiscono il candore della castità e praticano l'astinenza corporale. Nella seta sono raffigurati coloro che, abbandonate tutte le cose terrene, si sono consacrati unicamente alla dolcezza della contemplazione. Nella porpora sono raffigurati coloro che si crocifiggono nella memoria della passione del Signore e, quasi in estasi davanti al Crocifisso, lo contemplano con gli occhi della mente mentre pende dal patibolo, mentre effonde dal costato acqua e sangue e mentre, piegato il capo, esala lo spirito, e a questo spettacolo si profondono in lacrime inarrestabili. Nel panno scarlatto, tinto due volte, sono raffigurati coloro che ardono di amore verso Dio e verso il prossimo. Nei teli di lana di capra sono raffigurati i penitenti, che espiano nella cenere e nel cilicio le colpe commesse.
    Di questi ultimi leggi anche ciò che è scritto nel vangelo della Pasqua del Signore, verso la fine, nella IV parte.
    Parimenti, nelle pelli tinte di rosso sono indicati tutti i martiri, che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell'Agnello (cf. Ap 7,14); essi, trionfando sul mondo, sono arrivati alla chiesa trionfante cinti di alloro. Nelle pelli tinte di azzurro sono indicati tutti i confessori della fede, la cui aspirazione fu solo il cielo, e quindi sono passati dalla speranza alla visione.
    La Vergine Maria, mentre fu quaggiù nella chiesa militante, possedette le virtù di tutti i giusti. Infatti è detto nell'Ecclesiastico: "In me ogni grazia di via e di verità, in me ogni speranza di vita e di virtù" (Eccli 24,25). Ebbe anche un'immensa pietà per i penitenti. Per questo alle nozze di Cana disse: "Non hanno più vino" (Gv 2,3), come per dire: Riversa, o Figlio, sui penitenti la grazia del tuo amore, perché sono privi del vino della compunzione. Ora certamente regna nella gloria, nella quale gode il premio di tutti i santi, perché è stata esaltata sopra tutti i cori degli angeli.
    Ecco "la tenda non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione" (Eb 9,11), ma costruita e consacrata con la grazia dello Spirito Santo. Diciamo perciò: "Sia benedetta Giaele nella sua tenda!".
 
7. Leggiamo nel libro dei Giudici: "Acqua egli chiese, latte ella gli diede e in una coppa da prìncipi offrì burro" (Gdc 5,25). Sisara si interpreta "esclusione dal gaudio", ed è figura del diavolo che, escluso dal gaudio della vita eterna, tenta in tutti i modi di escluderne anche i fedeli cristiani. A costui, che chiedeva l'acqua della concupiscenza, la nostra Giaele diede il latte. Fu per divino consiglio che il mistero dell'incarnazione del Signore restò nascosto al diavolo. Vedendo che la beata Vergine era sposata, che era incinta, che diede alla luce un figlio e che lo allattava, il diavolo pensò che anche lei fosse soggetta alla concupiscenza e al peccato, e quindi si accinse ad esigere da lei, quasi come prezzo, l'acqua della concupiscenza. Ma la Vergine, allattando il Figlio, trasse in inganno il diavolo, e in questo modo lo uccise con il picchetto della tenda e con il martello. Nel picchetto, che serve per fissare e chiudere la tenda, è raffigurata la verginità di Maria; nel martello, che ha la figura di un tau (T), è rappresentata la croce di Cristo. Giaele dunque, ossia la Vergine Maria, uccise il nemico, il diavolo, con la verginità del suo corpo e con la passione del suo Figlio inchiodato in croce. Per questo è detto nel libro di Giuditta: "Una donna ebrea, da sola, gettò la vergogna nella casa del re Nabucodonosor. Ecco infatti Oloferne che giace per terra, e la sua testa non è più sul suo busto" (Gdt 14,16).
    Adonai, Signore, Dio grande e mirabile, a te la lode e la gloria: a te che ci hai dato la salvezza per mano della tua Figlia e Madre, la gloriosa Vergine Maria! Nel passo citato sopra, facciamo attenzione alle parole "offrì burro in una coppa da prìncipi". Sono queste le parole che ci hanno offerto lo spunto per le considerazioni preliminari. Vediamo ora che cosa raffigurino la coppa, i prìncipi e il burro. Nella coppa è raffigurata l'umile condizione del povero, nei prìncipi gli apostoli, nel burro l'umanità di Cristo.
    Nella sua umile condizione di povertà - nella quale anche i "prìncipi" (gli apostoli) si sarebbero trovati, ricchi nella fede ma poveri in questo mondo - Maria offrì nel tempio il burro, vale a dire il Figlio che aveva generato, del quale dice Isaia: "Si nutrirà di miele e burro" (Is 7,15). Nel miele è indicata la divinità, nel burro l'umanità del Salvatore. Si nutrì di miele e di burro, quando unì in se stesso la natura divina e quella umana, e per questo "imparò", vale a dire fece sì che anche noi imparassimo, "a rigettare il male e a scegliere il bene" (Is 7,15).
    Nella sua povertà Maria offrì il Figlio, e con lui l'offerta dei poveri, cioè "un paio di tortore o due giovani colombi" (Lc 2,24), come prescriveva la legge di Dio: "Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni" (Lv 12,2). Ad eccezione però di colei che partorì rimanendo vergine. Né il Figlio né la Madre avevano bisogno di fare offerte per purificarsi; ma le fecero perché noi fossimo liberati dal timore della legge, cioè dalla prescrizione della legge che veniva osservata per paura. E continuava la legge: Quando i giorni della sua purificazione saranno compiuti, cioè dopo quaranta giorni, offrirà un agnello all'ingresso del tenda. Se non lo troverà o non avrà la possibilità di offrire un agnello, offrirà due tortore, oppure due giovani colombi (cf. Lv 12,6. 8). Questa era l'offerta dei poveri, che non avevano la possibilità di offrire un agnello, e questo è detto perché in tutto fosse manifesta l'umiltà e la povertà del Signore e della Madre sua. Questa offerta fanno al Signore coloro che sono veramente poveri.
8. Osserva che se la tortora perde il compagno, se ne sta poi senza per sempre. Se ne va solitaria, non beve acqua chiara, non sale su di un ramo verde. Inoltre la colomba è anche semplice (cf. Mt 10,16). Ha il nido più rustico e povero di tutti gli altri uccelli; non ferisce alcuno con le unghie e con il becco; non vive di rapina; con il becco nutre i suoi piccoli con ciò di cui essa stessa si è nutrita; non si ciba di cadaveri; non attacca mai gli altri uccelli, neppure i più piccoli; si pasce solo di grano; riscalda sotto le ali, come suoi, i piccoli degli altri; dimora nei pressi dei fiumi per difendersi dall'avvoltoio; nidifica tra le pietre; quando minaccia tempesta si rifugia nel nido; si difende con le ali; vola in gruppo; il suo canto è come un gemito; è prolifica e nutre i gemelli. E osserva poi che quando la colomba nidifica e i piccoli crescono, il maschio va a beccare della terra salsa, mette nel becco ai piccoli ciò che ha beccato perché si abituino al cibo. E se la femmina, per la sofferenza del parto, tarda a tornare, il maschio la becca e la spinge con la forza dentro il nido.
    Anche i poveri nello spirito, cioè i veri penitenti, poiché peccando mortalmente hanno perduto il loro "compagno", cioè Gesù Cristo, vivono soli, nella solitudine dello spirito e del corpo, lontani dal tumulto delle cose temporali. Non bevono l'acqua chiara dei godimenti terreni ma quella torbida del dolore e del pianto. "L'anima mia - dice il Signore - è turbata. E che cosa dirò?" (Gv 12,27). Non salgono sul ramo verdeggiante della gloria temporale, di cui dice Ezechiele: "Si portano il ramo alle narici" (Ez 8,17). I lussuriosi si portano alle narici il ramo della gloria temporale per non sentire il fetore del peccato e il puzzo dell'inferno.
    Inoltre [i veri penitenti] sono semplici come le colombe. Il luogo dove dimorano e il letto stesso sul quale dormono è ruvido e povero. Non offendono alcuno, anzi perdonano chi li offende. Non vivono di rapina, ma distribuiscono le loro cose. Confortano e sostengono con la parola della predicazione quelli che sono loro affidati e partecipano con gioia agli altri la grazia che è stata loro data. Non si uniscono al cadavere, cioè al peccato mortale. Dice il verso: "Alcuni sono morti di spada, altri di morte naturale"1.
    Non scandalizzano né il grande né il piccolo. Si cibano di puro grano, cioè della predicazione della chiesa, e non di quella degli eretici che è immonda. Fatti tutto a tutti, promuovono tanto la salvezza degli estranei quanto quella dei vicini: amano tutti nel cuore di Gesù Cristo. Si fermano sui fiumi della sacra Scrittura per prevedere da lontano la tentazione del diavolo che trama per rapirli, e così difendersene."Fanno il loro nido nella cavità della pietra, cioè nella ferita del costato di Cristo, e se minaccia la tempesta della tentazione carnale, corrono al costato di Cristo e vi si rifugiano, e pregano con il Profeta: "Siimi, o Signore, torre salda davanti all'avversario" (Sal 60,4); e ancora: "Sii tu, o Dio, la mia protezione" (Sal 70,3). Non si difendono con le unghie della vendetta, ma con le ali dell'umiltà e della pazienza. "Il sistema migliore di vincere - dice il filosofo - è la pazienza" (P. Siro); e ancora: "Il rifugio dalle sventure è la sapienza" (Walther: Carmina). In unione con la chiesa, con la comunità dei fedeli e insieme con essi, si innalzano alle cose celesti. Il loro canto è un gemito. La loro melodia sono le lacrime e i sospiri. Ripieni di buona volontà nutrono con il massimo scrupolo i "due gemelli", cioè l'amore di Dio e del prossimo.
    Osserva ancora che il penitente deve avere due virtù: la misericordia e la giustizia. La misericordia è, per così dire, la femmina che custodisce i piccoli; la giustizia è il maschio. La terra salsa è la carne di Cristo, piena di amarezza, dalla quale il penitente deve succhiare l'amarezza e la salsedine e metterle nella bocca dei piccoli, cioè delle sue opere, affinché assuefatte a tale cibo, vivano sempre nel dolore e nell'amarezza, crocifiggendo la carne con i suoi vizi e la sua concupiscenza (cf. Gal 5,24). Non si dimentichi poi che la discrezione (la prudenza) è la madre di tutte le virtù e senza di essa non si deve offrire il sacrificio; quindi se la colomba, cioè la misericordia, tarda a ritornare ai suoi piccoli [alle opere buone] a motivo del parto, cioè del dolore, dei gemiti e del pentimento, la giustizia, in quanto maschio, deve dirigerla e guidarla con una certa energia affinché nutra i piccoli [le opere buone] e nutrendoli li custodisca. Il penitente quindi si dolga pure del suo peccato, e faccia penitenza, ma in modo da non sottrarre a se stesso il necessario, senza del quale non potrebbe vivere.
    Chi dunque offrirà simili tortore e colombe, il sommo sacerdote, Gesù Cristo, lo libererà da ogni flusso di sangue, cioè da ogni impurità di peccato.
    Ma ritorniamo ora agli argomenti dai quali ci siamo un po' discostati, concludendo con le parole: "Come incenso fragrante nei giorni dell'estate".
9. "Come fuoco splendente e incenso che brucia nel fuoco". Oggi i fedeli cristiani portano il fuoco splendente con la candela, la quale è formata di cera e di stoppino. Nella fiammella è simboleggiata la divinità, nella cera l'umanità, nello stoppino l'asprezza della passione del Signore.
    Come oggi, la beata Vergine portò e offrì nel tempio il Figlio di Dio e suo, e simbolicamente oggi i fedeli portano e offrono il fuoco, offrendo la candela.
    E in questi tre elementi è indicata la vera penitenza: nel fuoco l'ardore della contrizione, che sradica tutte le radici dei vizi; nella cera la confessione del peccato: come fonde la cera di fronte al fuoco (cf. Sal 67,3), così per l'ardore del pentimento fluisce dalla bocca di chi si confessa l'accusa del suo peccato, mentre scorrono le lacrime; nello stoppino l'asprezza dell'espiazione e della riparazione.
    In questi tre atti c'è Gesù, cioè la salvezza dell'uomo; e chi li avrà offerti a Dio, potrà dire con il giusto Simeone: "Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele" (Lc 2,29-30).
    Nota che in questi quattro versetti vengono indicate le quattro beatitudini del penitente.
    La prima beatitudine consiste nel perdono totale dei peccati e nella tranquillità della coscienza: "Lascia che il tuo servo vada in pace".
    La seconda beatitudine consiste nella separazione dell'anima dal corpo, quando potrà vedere colui nel quale credette e che desiderò: "perché i miei occhi ha visto la tua salvezza".
    La terza beatitudine giungerà nell'esame dell'ultimo giudizio, quando sarà detto: Dategli del frutto delle sue mani e le sue stesse opere lo lodino alle porte dell'eternità (cf. Pro 31,31): "preparata da te davanti a tutti i popoli" (Lc 2,31).
    La quarta beatitudine sarà nello splendore della gloria eterna, in cui vedrà faccia a faccia e conoscerà come è conosciuto (cf. 1Cor 13,12): "luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele".
    Giustamente quindi è detto: "Come fuoco splendente e incenso che brucia nel fuoco".
    Gesù Cristo rifulse come fuoco ai pastori nella sua natività, ai Magi nella sua manifestazione (Epifania), a Simeone ed Anna che profetavano nella purificazione della Madre sua. Invece nella sua passione bruciò come incenso nel fuoco, e del suo profumo furono riempiti i cieli, la terra e gli inferi; gli angeli del cielo gioirono per la redenzione del genere umano; in terra i morti furono risuscitati, i prigionieri dell'inferno furono liberati.
    Ti preghiamo quindi, o nostra Signora, eletta Madre di Dio, di purificarci dal sangue dei nostri peccati, di condurci al fuoco splendente della contrizione, alla cera della confessione, e allo stoppino dell'espiazione, affinché possiamo giungere così alla gloria della Gerusalemme celeste.
    Ce lo conceda colui che oggi hai offerto nel tempio: a lui sia onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.