Sermoni Domenicali

DOMENICA I DI QUARESIMA (1)

1. «Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo», ecc. (Mt 4,1).
    Leggiamo nel primo libro dei Re, che Davide abitò nel deserto di Engaddi (cf. 1Re 24,1-2). Davide s'interpreta «di mano forte» e indica Gesù Cristo che, con le mani inchiodate sulla croce, sconfisse le potenze dell'aria (diaboliche). O meravigliosa potenza: vincere il proprio nemico con le mani legate! Cristo abitò nel deserto di Engaddi, nome che s'interpreta «occhio della tentazione».
    Osserva che l'occhio della tentazione è triplice. Il primo è quello della gola, del quale è detto nella Genesi: «E la donna vide che l'albero era buono da mangiare, bello agli occhi e di aspetto gradevole; prese del suo frutto, ne mangiò e ne diede a suo marito» (Gn 3,6). Il secondo è quello della superbia e della vanagloria, del quale Giobbe, parlando del diavolo, dice: «Guarda tutto ciò che è alto: egli è il re di tutti i figli della superbia» (Gb 41,25). Il terzo è quello dell'avarizia, del quale parla il profeta Zaccaria: «Questo è il loro occhio in tutta la terra» (Zc 5,6). Cristo dunque dimorò nel deserto di Engaddi per quaranta giorni e quaranta notti; in esso subì dal diavolo le tentazioni della gola, della vanagloria e dell'avarizia.

2. È detto perciò nel vangelo di oggi: «Gesù fu condotto nel deserto». Osserva che i deserti sono tre, e in ognuno di essi fu condotto Gesù: il primo è il grembo della Vergine, il secondo è quello del vangelo di oggi, il terzo è il patibolo della croce. Nel primo fu condotto solo dalla misericordia, nel secondo per darcene l'esempio, nel terzo per obbedire al Padre.
    Del primo dice Isaia: «Manda, Signore, l'agnello dominatore della terra, dalla pietra del deserto al monte della figlia di Sion» (Is 16,1). O Signore, Padre, manda l'agnello, non il leone, il dominatore, non il distruttore, dalla pietra del deserto, cioè dalla beata Vergine che è detta «pietra del deserto»: «pietra», per il fermo proposito della verginità, per cui rispose all'angelo: «Come può avvenire questo, poiché non conosco uomo?» (Lc 1,34), vale a dire: ho fatto il fermo proposito di non conoscerlo?; «del deserto», perché non lavorabile (lat. inarabilis): restò infatti intatta, vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto. Mandalo al monte della figlia di Sion, cioè alla santa chiesa che è figlia della celeste Gerusalemme.
    Del secondo deserto dice Matteo: «Gesù fu condotto nel deserto, per essere tentato dal diavolo», ecc.
    Del terzo parla Giovanni Battista: «Io sono la voce di colui che grida nel deserto» (Gv 1,23). Giovanni Battista è detto «voce» perché, come la voce precede la parola, così egli precedette il Figlio di Dio. Io, disse, sono la voce di Cristo, che grida nel deserto, cioè sul patibolo della croce: «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito» (Lc 23,46). In questo deserto tutto fu pieno di spine ed egli fu privo di ogni forma di umano soccorso.

3. «Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto». Si è soliti domandarsi da chi Gesù sia stato condotto nel deserto. Luca lo dice chiaramente: «Gesù, pieno di Spirito Santo, si ritirò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto» (Lc 4,1). Fu condotto da quello stesso Spirito di cui era ripieno, e del quale egli stesso dice per bocca di Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché mi ha consacrato con l'unzione» (Is 61,1). Da quello Spirito, dal quale fu «unto» (consacrato) più dei suoi compagni (cf. Eb 1,9), fu condotto nel deserto, per essere tentato dal diavolo.
    Poiché il Figlio di Dio, il nostro Zorobabele, nome che s'interpreta «maestro di Babilonia», era venuto a ricostruire il mondo rovinato dal peccato e, come medico, a risanare i malati, fu necessario che egli curasse i mali con i rimedi opposti: come nell'arte medica le cose calde si curano con il freddo, e le cose fredde con il caldo.
    La rovina e la fragilità del genere umano fu il peccato di Adamo, costituito da tre passioni: la gola, la vanagloria, l'avarizia. Dice infatti il verso: «La gola, la vanagloria e la cupidigia vinsero il vecchio Adamo» (autore ignoto). Questi tre peccati li trovi descritti nella Genesi: «Disse il serpente alla donna: Il giorno in cui mangerete di questo frutto, si apriranno i vostri occhi», ecco la gola; «sarete come dèi», ecco la vanagloria; «conoscerete il bene e il male», ecco l'avarizia (Gn 3,4-5). Queste furono le tre lance con le quali fu ucciso Adamo insieme con i suoi figli [con la sua discendenza].
    Leggiamo nel secondo libro dei Re: «Ioab prese in mano tre lance e le conficcò nel cuore di Assalonne» (2Re 18,14). Ioab s'interpreta «nemico» e giustamente indica il diavolo che è il nemico del genere umano. Egli, con la mano della falsa promessa, «prese tre lance», cioè la gola, la vanagloria e l'avarizia, «e le conficcò nel cuore», nel quale è la fonte del calore e della vita dell'uomo - «da esso, dice Salomone, procede la vita» (Pro 4,23) -, per spegnere il calore dell'amore divino e togliere completamente la vita; «nel cuore di Assalonne», nome che s'interpreta «pace del padre». E questo fu Adamo, che fu posto in un luogo di pace e di delizie affinché, obbedendo al Padre, conservasse eternamente la sua pace. Ma poiché non volle obbedire al Padre, perdette la pace e nel suo cuore il diavolo conficcò le tre lance e lo privò completamente della vita.

4. Il Figlio di Dio venne dunque nel tempo favorevole e, obbedendo a Dio Padre, reintegrò ciò che era perduto, curò i vizi con i rimedi opposti. Adamo fu posto nel paradiso nel quale, immerso nelle delizie, cadde. Gesù invece fu condotto nel deserto, nel quale, persistendo nel digiuno, sconfisse il diavolo.
    Osservate come concordino tra loro, nella Genesi e in Matteo, le tre tentazioni: «Disse il serpente: Nel giorno in cui ne mangerete»; «e avvicinandosi, il tentatore gli disse: Se sei il Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pani» (Mt 4,3): ecco la tentazione di gola. Parimenti: «Sarete come dèi»; «allora il diavolo lo portò nella città santa, e lo pose sul pinnacolo del tempio» (Mt 4,5), ecco la vanagloria. E infine: «Conoscerete il bene e il male»; «di nuovo il diavolo lo portò su di un monte altissimo, gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria, e gli disse: Tutto questo io ti darò, se prostrandoti mi adorerai» (Mt 4, 8-9). Il diavolo, quanto è perfido, altrettanto perfidamente parla: questa è la tentazione dell'avarizia.
    Ma la Sapienza, poiché sempre sapientemente agisce, superò le tre tentazioni del diavolo con tre sentenze del Deuteronomio.
    Gesù, quando il diavolo lo tentò di gola, rispose: «L'uomo non vive di solo pane» (Mt 4,4; cf. Dt 8,3), come dicesse: Come l'uomo esteriore vive di pane materiale, così l'uomo interiore vive del pane celeste, che è la parola di Dio. La Parola di Dio è il Figlio, che è la Sapienza che procede dalla bocca dell'Altissimo (cf. Eccli 24,5). La sapienza è chiamata così da sapore. Quindi il pane dell'anima è il sapore della sapienza, con il quale assapora i doni del Signore e gusta quanto soave è il Signore stesso (cf. Sal 33,9). Di questo pane è detto nel libro della Sapienza: «Hai preparato loro un pane dal cielo, che ha in sé ogni delizia e ogni soave sapore» (Sap 16,20). E questo intende quando dice: «Ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4; cf. Dt 8,3). «Di ogni parola», perché la parola di Dio e la sapienza hanno ogni soave sapore, che rende insipido ogni piacere della gola. E poiché Adamo ebbe nausea di questo pane, cedette alla tentazione della gola. Giustamente dunque è detto: Non di solo pane, ecc.
    Parimenti, quando il diavolo lo tentò di vanagloria, Gesù rispose: «Non tenterai il Signore, Dio tuo» (Mt 4,7; Dt 6,16). Gesù Cristo è Signore per la creazione, è Dio per l'eternità. E questo Gesù il diavolo tentò, quando esortò a gettarsi giù dal pinnacolo del tempio lo stesso creatore del tempio, e promise l'aiuto degli angeli al Dio di tutte le potenze celesti. «Non tenterai, dunque, il Signore, tuo Dio!». Anche Adamo ha tentato il Signore Dio, quando non osservò il comando del Signore e Dio, ma prestò fede con leggerezza alla falsa promessa: «Sarete come dèi». Quale vanagloria, credere di poter diventare dèi! O miserabile! Invano ti innalzi al di sopra di te stesso, e perciò ancor più miseramente crolli al di sotto di te. Non tentare, quindi, il Signore, tuo Dio.
    Infine, quando il diavolo lo tentò di avarizia, Gesù rispose: «Adorerai il Signore, Dio tuo, e a lui solo servirai» (Mt 4,10; cf. Dt 6,13; 10,20). Tutti coloro che amano il denaro o la gloria del mondo, si inginocchiano davanti al diavolo e lo adorano.
    Noi invece, per i quali il Signore è venuto nel grembo della Vergine, e ha subìto il patibolo della croce, istruiti dal suo esempio, andiamo nel deserto della penitenza e con il suo aiuto reprimiamo la cupidigia della gola, il vento della vanagloria e il fuoco dell'avarizia.
    Adoriamo anche noi colui che gli arcangeli stessi adorano, serviamo colui che gli angeli servono, colui che è benedetto, glorioso, degno di lode ed eccelso nei secoli eterni. E tutto il creato dica: Amen!